La felicità è una scelta?

Lo diciamo a qualche amico in difficoltà, a quella collega abbattuta dalla separazione o a quel parente depresso. Ma è vero che la felicità sia una scelta? In realtà è uno dei peggiori luoghi comuni che possiamo dire a qualcuno a cui vogliamo bene. Magari lo facciamo nella convinzione, genuina e in buona fede, di spingere questo qualcuno ad un cambiamento che lo/la farà stare meglio, ma nella maggioranza dei casi rischia solo di fare peggio.

Basta pensaci un momento. Se la felicità non è una nostra libera scelta, non dipende solo dalla nostra volontà, ma le persone intorno a noi continuano a ripeterci «Ce la puoi fare ad essere più felice, basta che tu lo voglia.», quale potrebbe essere il risultato? Nella migliore delle ipotesi ci sentiamo presi in giro dai nostri cari, nella peggiore ci sentiamo dei falliti perché non riusciamo a fare una cosa che a quanto pare è estremamente semplice per le persone che ci stanno intorno.

Ma come funziona esattamente? La quantità della nostra felicità dipende da tre fattori: il nostro obiettivo di felicità, i fattori e le circostanze della vita, e infine la nostra attività intenzionale. L’obiettivo concorre per poco meno del 50% a formare la nostra felicità, le circostanze per il 15%, quindi ciò lascia circa il 40% alle nostre azioni. Quindi si potrebbe pensare che con il 40% in mano possiamo far sì che sia una nostra scelta. E invece…

Invece bisogna ricordare che gli esseri umani si abituano piuttosto in fretta ai miglioramenti della propria esistenza, motivo per cui le cose che pensiamo ci renderanno felici, come una nuova auto, un lavoro più stimolante, una vacanza esotica, perdono rapidamente il proprio potenziale. Per evitare di dover continuamene ricalibrare il nostro obiettivo di felicità dovremmo essere in grado di apprezzare ciò che abbiamo, vivere consapevoli e grati, facendo delle cose che ci consentano di restare in questa condizione.

Questo è ovviamente molto, molto difficile nel momento in cui un nostro caro dovesse trovarsi a terra, e la frase che dà il titolo a questo post non sarebbe certo di aiuto. Servirebbe piuttosto qualcosa che lo aiuti ad alzarsi, come un gesto di affetto, una parola di consolazione, qualcosa insomma, che assomigli ad una mano tesa.

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